Alla scoperta di Atri

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atri

A sei miglia dal Mare Adriatico e a 447 m. sul livello del mare si estende la trimillenaria città di Atri. Di origine illirico sicula (X – IX a.c.), successivamente occupata dai Piceni, fu una delle più antiche città italiche repubblicane autonome che, pur avversando Roma all’inizio, ne divenne in seguito fedele alleata. Il dio venerato dal popolo era Hadranus; il cane era il suo animale sacro. L’effige del fondatore fu impressa nelle monete che risalgono al III-IV secolo a.C., interamente fuse, recanti nella faccia posteriore il cane. Si vuole anche, sulla testimonianza storica, che l’Adriatico prese nome dalla città di Hadria, cioè Atri. Al sopraggiungere dei Romani visse come repubblica autonoma, rafforzando sempre più il suo potere politico e commerciale. Al tempo delle guerre sannitiche si alleò con i Frentani, Marrucini e Vestini e insieme inviarono a Roma un contingente pari a 20.000 pedoni e 4.000 cavalieri. Questo nobile gesto, a guerra vinta, fruttò alla città la simpatia e riconoscenza di Roma che la assunse a socia ed alleata nel 289 a.c., con tutti gli onori derivanti dal diritto romano. Fu proprio in questo periodo che Roma estese il suo dominio sino al Mare Adriatico e Atri divenne colonia romana con il compito di difendere la sicurezza del mare; le rimase anche il diritto di battere moneta senza adottare alcun simbolo di Roma. Nella storia romana troviamo il nome di Hatria nella V Regio Picenum in merito alla rivolta degli Italici, nella così detta guerra sociale e senz’altro per aver dato i natali alla famiglia del noto imperatore Publio Elio Adriano che in virtù di ciò, ebbe particolare cura della civitas abbellendola di monumenti con la carica di curator muneris pubblicis. Dichiarata inizialmente Municipium romano con una propria autonomia, divenne sempre più vigorosa  ed elegante nel periodo imperiale. Anche per Atri il periodo aureo terminò con le invasioni barbariche. Cassiodoro stesso parla della triste fine della città sotto i Goti, e Paolo Diacono così la descrive: et vetustate consumpta Hadria, quae Hadriatico pelago nomen dedit. Alla caduta dell’Impero Romano, Atri seguì la sorte di tante altre città d’Abruzzo. In principio fu ammessa al ducato di Spoleto; successivamente fu assoggettata dai Franchi e in ultimo passò in potere del normanno Conte di Loretello. Nel 1395 la città fu venduta per 35.000 ducati al Conte di S. Flaviano Antonio Acquaviva; il dominio degli Acquaviva, tra le sette nobili famiglie più importanti del Regno di Napoli,le restituì un ampio e duraturo respiro culturale, sfoggiando opere d’arte e richiamando artisti di spicco legati al vicereame spagnolo di Napoli, sino al 1757 anno di morte dell’ultima erede la duchessa Isabella.

Atri conserva numerosi monumenti che rendono testimonianza della sua storia nei secoli.


La Basilica Cattedrale. In stile romanico – gotico, sorge in sostituzione della piccola Ecclesia di Sancta Maria de Hatria, una chiesa romanica a cinque navate eretta a partire dal IX secolo, sfruttando a sua volta una cisterna di epoca repubblicana ristrutturata in epoca romana. I maestri marmorari della “Scuola Atriana”del ‘300, Raimondo di Poggio e Rainaldo D’Atri,ampliarono l’edificio di culto in occasione dell’elevazione al titolo di Cattedrale (1252), terminando i lavori con i tre splendidi portali nel 1305. Il campanile, rivestito di conci in pietra d’Istria è il più alto d’Abruzzo, ben 57 metri con una scala interna di 147 gradini, a pianta quadrata, poggiante su un solido basamento di età romana e sormontato dal tamburo ottagonale del 1503, opera del famoso architetto lombardo Antonio Da Lodi, decorato con formelle di ceramica provenienti dalle primitive fabbriche di Castelli (TE). Sul lato destro appaiono tre stupendi portali: la “Porta Santa” del 1305, in stile romanico-gotico attribuito a Rainaldo D’Atri, il portale centrale del 1288 e l’ultimo del 1302, entrambi di Raimondo Di Poggio. Di forma rettangolare a tre navate, l’interno misura in lunghezza metri 56,60 e in larghezza metri 24,70; sulle pareti e sui pilastri le varie decorazioni pittoriche, databili per lo più al ‘300 e ai primi del ‘400, sono attribuiti a due artisti locali, Luca d’Atri detto maestro d’Offida e Antonio da Atri. Il Battistero in pietra intagliata e la Cappella di S. Anna detta anche Cappella Acquaviva, in fondo alla navata di destra, sono opera di Paolo De Garviis da Bissone di Como (1503). Gli affreschi del Coro dei Canonici sono del 1465, opera di Andrea De Litio pittore nato a Lecce dei Marsi, nell’aquilano, nel 1420. Capolavoro immortale dell’artista il quale raffigura e racconta, l’affascinante storia della vita di Maria. Sulla navata centrale si trovano i resti dell’edificio precedente, che in epoca romana era stato adibito a terme.

Il Palazzo dei Duchi D’Acquaviva. (Sec. XIV), costruito dal primo duca Antonio Acquaviva, sui resti di antiche cisterneromane collocate dinnanzi all’antico foro oggi p.zza Duchi Acquaviva. L’ampio ed armonioso cortile richiama tutta l’eleganza delle nobili corti medievali presenta pareti adorne di lapidi e sarcofagi romani. Ceduto nel 1922 dalla famiglia Pretaroli all’Amministrazione Comunale, è oggi sede del Municipio.

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Il Teatro Comunale inaugurato il 25 aprile 1881, ricalca all’esterno la “Scala” di Milano, mentre all’interno ricorda il Teatro “S. Carlo” di Napoli. Per la sua piccola capacità  (300 posti) e per l’acustica, è da tutti definita “la bomboniera”. Il salone del teatro ospita l’Archivio Museo “Antonio Di Iorio”, che conserva manoscritti, epistolario e biblioteca dell’illustre musicista abruzzese.

L’Oasi WWF “Calanchi di Atri”. La Riserva Naturale Regionale, istituita nel 1995 ove la Comunità Europea aveva già identificato un Sito di Interesse Comunitario (SIC), diventa nel 1999 un’Oasi WWF con lo scopo di preservare circa 600 ettari di natura, flora e fauna. Essa racchiude forme di erosione che qui assumono un aspetto impressionante: i calanchi. Maestose architetture naturali originate da forme di erosione dinamiche, la cui origine geologica si fa risalire a due milioni di anni fa, quando il Mar Adriatico arrivava alle pendici del Gran Sasso e nella fascia collinare vi erano i fondali argillosi ad alta percentuale di sabbia che ancor oggi ospitano un gran numero di invertebrati marini, gli stessi che popolano il mare. Il percorso naturalistico si snoda tra una ricca vegetazione, flora e fauna, sino alla piccola Cappella di San Paolo ove storia, fede e leggenda si intrecciano fino a confondersi nel misterioso monolite che essa custodisce, caratterizzato da segni di incisioni e raschiamenti superficiali per il prelievo di materiale taumaturgico.

Grotte. Parte integrante di un grandioso e ingegnoso sistema idrico sotterraneo della città, utile all’essenziale approvvigionamento idrico sin dall’epoca preromana, furono scavate interamente nel conglomerato e in parte rivestite da intonaco idraulico di epoca romana, al fine di far confluire e smistare le acque in eccesso a margine della città. Con il suo abbandono in epoca medievale, questo luogo divenne un austero e mistico rifugio delle anime, di cui si trovano tracce in una nicchia scavata per ospitare statue di culto.

Fontane Archeologiche. Le fontane Kanat di Atri sono tra i documenti più antichi della storia e dell’archeologia della città plurimillenaria. Fontane perenni e ancora attive secondo un antico metodo orientale risalente a più di duemila anni fa.

Monete. Coniate nel III-IV secolo a.c. sono le più antiche d’Italia. (Collez. Vitt. Em. III, Roma e Collez. Sorricchio, Atri). “Le impronte delle monete di Atri rivelano celebrità marittima, civiltà avanzate, commercio fiorente” (A. Mambelli 1822). Le antiche monete di Atri si trovano  presso il Museo Sorricchio, nei musei di Roma, Londra, Vienna, Berlino e Collezioni private.

Casoli Pinta. Dal 1996, Casoli di Atri ha rinvigorito la propria immagine grazie alla rassegna di pittura murale “Casoli Pinta”, che ha portato tra i suoi vicoli 54 pittori famosi che hanno ornato di opere d’arte le pareti esterne delle sue case, trasformando il piccolo borgo in un museo all’aperto. Oggi si può ammirare Casoli come un vero e proprio “villaggio artistico murale”, realizzato da poeti del colore.